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Velut Luna

SKETCHES OF MEMORIES THE BEST SONGS OF OUR LIFE

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SKETCHES OF MEMORIES THE BEST SONGS OF OUR LIFE (CVLD210)

Original compositions by F. S. Key, J. Van Heusen-J. Burke, J. Styne-L. Robin, B. Dylan, S. Mc Kenzie, J. Phillips-M. Phillips, M. Jagger-K. Richards, G. Paoli, P. Simon, E. Bennato, A. C. Jobim, Quilapayùn-S. Ortega, D. Gilmour-R. Waters, G. Marzorati.
Featuring: Cheryl Porter, Massimo Salvagnini Quartet & Stefano Riva, Nina & Marco Strano, Mideando String Quartet, Enrico Santacatterina, Melting Pop & Emilia Vecchi, Four Fried Fish, Nina & Villa el Salvador, Sax Four Fun & Cristina Sartori, Paola Casula & Alessandro Mozzi, Ninni Arini, Tatiana Maria Meira de Aguiar & Alberto Boischio, Alejandro Martinez & Maurizio Scomparin, Fabiana Martone & Fabio Ranghiero, Guido Marzorati.

This is a live-in-studio recording, using vintage instruments from Sixties and Seventies: so it will not be strange, if you will listen to anykind of “isss” or “uhmmm” from Marshall or Fender tube amplifier, or “natural distortion” from Leslie amplifier of original Hammond B3…
Each recording has been appropriately realized, on original arrangement ad hoc, by Marco Lincetto at the Magister Area Studios in Preganziol (with the exception of “El pueblo...”, recorded by Alejandro Martinez in his own studio in Padua), using 24bit/88.2kHz digital recorder; and Marco Lincetto also have mixed and mastered each piece of this CD.

 

La scelta e la sequenza dei brani presentati in questo disco è apparentemente priva di una linea musicale comune. L’altro titolo del progetto, fino a pochissimo tempo fa, era “Il Posto delle Fragole”: infatti, il significato di questa raccolta va ricercato in un motivo aggregante differente dalla musica in sé: ovvero in me stesso, che l’ho concepita e che in quest’Anno Domini 2011 compio cinquant’anni di vita. Questo disco, originariamente, non doveva neppure essere pubblicato, trattandosi del mio personale regalo a me stesso per il mio cinquantesimo compleanno; ma poi i miei collaboratori mi hanno suggerito che probabilmente molte altre persone, miei coetanei e non, avrebbero potuto identificarsi e trarre soddisfazione da una pubblicazione di questo materiale e quindi si è deciso di inserirlo nell’ormai lungo catalogo Velut Luna.

Per gli anniversari importanti – e “50” anni lo sono senza dubbio – c’è chi si regala un oggetto prezioso, una grande festa oppure un viaggio epico. Io ho deciso di regalarmi un viaggio nella memoria, attraverso la rilettura di quei brani musicali che hanno contribuito alla mia formazione, nel senso più ampio del termine. Sono per lo più quelle canzoni che io ascoltavo fra i 15 ed i 20 anni. E c’è da dire che ero un ragazzino piuttosto eclettico: in quegli anni studiavo il clarinetto, per via della mia passione per la musica swing americana degli anni ’40 e Benny Goodman e Glenn Miller erano i miei eroi (ed ecco allora “Polka dots and moonbeams”). Erano gli anni ’70, ma io ero cresciuto molto vicino ad una persona, mia zia, appena più “anziana” di me che era stata adolescente alla fine degli anni ’60, che mi aveva in qualche modo lasciato un “imprinting” molto forte della cultura della splendida “stagione dell’amore”. Ecco allora sfilare alcune delle canzoni simbolo di quell’epoca leggendaria: “Like a Rolling Stone”, “San Francisco”, “California Dreaming”, The sounds of silence”, “Jumping Jack Flash”.

Un’altra insana passione di quegli anni fu lo spirito poetico, molto maudit dei cantautori italiani della cosiddetta “scuola genovese”, di cui senza dubbio Gino Paoli fu l’alfiere principale. E quindi non potevano mancare due suoi brani simbolo: “Sapore di sale” e “Senza Fine”.

Ogni adolescente che si rispetti, finisce per innamorarsi, più o meno platonicamente, di una star del cinema (oggi forse i giovani si innamorano delle “veline” della televisione… ma questa è un’altra storia, ed è un’altra epoca…): ed anche a me accadde. E devo dire che mi trattai bene, visto che l’oggetto del desiderio fu, da principio, un’autentica icona del glamour e del fascino femminile di tutti i tempi, ovvero l’indimenticabile Marilyn Monroe. E “Bye, bye, Baby” credo che la rappresenti al meglio.

Ma poi, la realtà “contemporanea” della mia adolescenza, ovvero la metà degli anni ’70, non poteva non fissarsi nel grande rock inglese - qui rappresentato dalla splendida e struggente “Wish you were here” dei Pink Floyd – e nei grandi ideali di ribellione e libertà, di cui un popolo, quello cileno, ed un gruppo, gli Inti Illimani, si ersero a simbolo: “El pueblo unido jamas serà vencido”, si cantava nelle piazze, tutti quanti, con il pugno sinistro alzato, indossando l’Eskimo e le Clarks. Ed infine nei cantautori della mia generazione, che qui ho deciso di rappresentare con quello che più di ogni altro sentivo a me affine: Edoardo Bennato, con il suo capolavoro “Un giorno credi”, tratto dal suo primo album.

La fine dell’adolescenza e l’ingresso nell’età adulta, all’inizio degli anni ’80, e quindi alla fine della mia piccola storia che ho deciso di raccontare con questo disco, coincise con la scoperta di tutto un mondo musicale per me “alternativo”, fra cui la musica “etnica”. Ed ecco quindi, dirompente, il Brasile, con la bossa nova, qui rappresentata da uno dei brani simbolo, lo splendido “Aguas de março” di Antonio Carlos Jobim.

Infine, discorso a parte per i due brani che rispettivamente aprono e chiudono il disco: “Stars Spangled Banner” ovvero l’inno nazionale degli Stati Uniti d’America e “Journey of hope” di Guido Marzorati. Parafrasando un frammento del celeberrimo prologo del film Manhattan di Woody Allen, posso dire con malcelato orgoglio: “Amo l’America e l’ho sempre amata”. La mia vita, sempre più, ogni anno che passa, può considerarsi un lungo intervallo fra un viaggio in USA ed il successivo. Il “Journey of hope”, invece, cantato da Guido Marzorati, completa il concetto espresso dal mio amore per l’America e per i suoi ideali: ed è la proiezione verso il futuro, nella costante speranza e convinzione, di un mondo migliore.

Marco Lincetto

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